Perché le persone giocano d’azzardo
Questa domanda se la pone chiunque abbia a che fare con un giocatore compulsivo, perché è difficile capire come mai metta sé stesso e la propria famiglia in queste situazioni così a limite: perché non smette quando si rende conto di cosa provoca? Purtroppo il giocatore non ha più il controllo della sua vita, e smettere pur essendo consapevole dei problemi non è una scelta così facile. Per un giocatore, il gioco, è la fonte dei suoi problemi ma anche l’unica via d’uscita che vede.
Spesso un giocatore si sente sul punto di vincere, anche se questa vittoria non arriva mai lui la sente dietro l’angolo. Ogni volta che gioca è convinto che sarà quella buona, che vincerà la somma necessaria a coprire i debiti creati. Oscillerà tra adrenalina, gioia e profonda tristezza cusando forti shock al proprio corpo.
In realtà la parte più importante, per lui, è il giocare, l’adrenalina che sale durante il gioco: vincere è solo parte del tutto, perché in realtà chi sicuramente vincerà sarà il banco. Questa è una realtà acclarata: il banco non perderà mai, il giocatore si. Quindi anche se giocasse per riprendere i soldi che ha perso, sarebbe inutile perché le probabilità che vinca senza averci rimesso soldi sono davvero molto basse.
Il gioco dovrebbe essere divertimento, una pausa dallo stress quotidiano, un momento da dedicare a noi stessi. Quando smette di essere questo e diventa un’ossessione allora c’è qualcosa che non va: ignorare un problema non lo manda via; utilizzare il gioco su betrally per tappare i problemi che questo stesso causa, servirà solo ad aumentare il malessere.
Arrivati a questo punto è necessario iniziare a guardare il gioco d’azzardo in maniera differente: analizzare quando si è iniziato a giocare, gli orari in cui lo si fa (sono significativi e possono manifestare diverse problematiche), l’impatto che ha creato nella nostra vita, se ci ha allontanato da amici e famiglia e se ci ha creato problemi finanziari. Se le risposte sono positive del tutto o in parte, allora il problema è piuttosto serio ed è arrivato il momento di affrontarlo in maniera approfondita.
Analizzando tutti i fattori potremmo renderci conto che il gioco compulsivo è solo una parte di un problema più grande che dobbiamo portare alla luce con noi stessi. Potrebbe essere la manifestazione di un disagio più profondo, dovuto a problematiche che pensavamo sepolte nel passato e che invece sono ancora presenti e danneggiano la nostra vita. Non prendiamo sottogamba i segnali: la ludpatia è una dipendenza seria e dannosa, che può portare a conseguenze estreme.
Quando il gioco d’azzardo diventa un problema?
Non esiste una risposta univoca, perché esistono tante storie e tante vite, quindi dare una risposta sola è impossibile. Esistono però segnali d’allarme, primo fra tutti quello delle persone intorno a noi: se queste ci fanno notare che la nostra passione per il gioco sta assumendo dimensioni esagerate, forse dovremmo farci caso. Non è facile, perché ogni giocatore è convinto di non avere un problema, ma se molte persone ci dicono e stesse cose forse almeno ascoltarle varrebbe la pena.
Se invece di ascoltarle ci viene l’istinto di eliminarle dalla nostra vita a favore del gioco, allora dobbiamo veramente farci aiutare perché siamo oltre la soglia d’allarme.
Perché è difficile smettere?
Perché trattasi di dipendenza, e come tutte le dipendenze smettere non è affatto facile. La persona dipendente non si rende conto del problema, anzi fa di tutto per risolvere i problemi finanziari: mi serve la tal somma per coprire il debito, la vinco così risolvo. Ma non si rende conto della spirale in cui è finito: giocare per risolvere un problema creato dal gioco, lo porterà sempre più verso il fondo del baratro.
Negli ultimi anni la ludopatia è aumentata esponenzialmente, tanto da creare un settore di esperi per aiutare chi ne soffre. Le ricadute sono dietro l’angolo: basta una slot in un bar, o un banale gioco online, o una scommessa sportiva per ricadere nel baratro. Le tentazioni stanno ovunque, a partire dai bar in cui si entra ogni giorno per un semplice caffè. La forza del singolo non basta, è necessario un supporto psicologico, un percorso di guarigione serio e intrapreso con consapevolezza.